Marina-Paolo

Domande al RM: Marina e Paolo

Intervento di Paolo e Marina Surrentino

Marina e Paolo (IT)

C.gi-Surrentino_16-01-14

Siamo Marina e Paolo, sposi dal 2002, salesiani cooperatori di Latina.

Collaboriamo con un’associazione di volontariato del territorio dove risediamo, che si occupa di disagio giovanile e minori in difficoltà, tramite un progetto di doposcuola popolare, di animazione in case famiglia e di affido familiare.
Sentiamo che la nostra vita coniugale, tra i tanti limiti personali e difficoltà quotidiane, è costantemente accompagnata dalle benedizioni del Signore.
Sin da giovani e come coppia siamo stati attratti dalla spiritualità salesiana: il primo annuncio e la crescita nella fede di un Dio-Amore, misericordioso, vicino ai giovani; l’esperienza ecclesiale giovanile, la presenza e l’amicizia di educatori significativi, sempre più hanno plasmato le nostre menti e il nostro cuore della gioia, del senso della vita e dell’entusiasmo per donarla agli altri, aiutandoci anche a superare i momenti bui, le difficoltà e le croci personali e della vita di coppia.

Vocazione Missionaria: è il progetto di Dio?
Come coppia abbiamo vissuto un’esperienza di volontariato missionaria salesiana in Syria nel 2005 e una ad Haiti di 4 mesi nel 2010, nell’immediatezza dello sconvolgente terremoto.
Al rientro dalla missione in Haiti, eravamo convinti che il Signore ci stesse chiamando ad iniziare una nuova vita. Ci siamo messi quindi alla ricerca delle modalità concrete con le quali poter ripartire e farlo in modo definitivo, come famiglia missionaria. La situazione si presentava però alquanto complicata.

Dopo poco Marina è dovuta rimanere per diversi mesi ferma, letteralmente, per un’ernia al disco. Abbiamo intravisto in questo STOP forzato la volontà di Dio e ci siamo ancora una volta interrogati su quale fosse il progetto per noi. Convinti che la nostra strada fosse la missione internazionale, pur vivendo un grande dolore per non avere figli, non volevamo tentare la strada dell’adozione.

Doveva essere il Signore a decidere quella fosse la strada, così nel luglio del 2011 abbiamo presentato domanda di Adozione Nazionale. Conoscendo la situazione delle adozioni nazionali in Italia, eravamo sicuri che la nostra domanda sarebbe finita in un cantuccio sotto la montagna di altre domande e così noi, con l’anima in pace, saremmo potuti ripartire.

Giovani Poveri e Abbandonati: da Facebook a casa nostra
A novembre del 2011 però, continuando a svolgere volontariato in una casa famiglia, una situazione imprevista ci tocca profondamente. Uno dei ragazzi ormai quasi maggiorenne fugge e non dà più notizie di sé. E’ un ragazzo di origine Rom, nato in Italia, che all’età di 7 anni ha visto morire violentemente il padre, collocato in una casa famiglia strappato dalle sue tradizioni culturali e sociali. Ha visto allontanare da se gli altri fratelli più piccoli, dati in adozione, e ha visto la madre disinteressarsi man mano di lui.
Abbiamo avuto la “fortuna” di intercettarlo tramite il tanto temuto FACEBOOK e con l’autorizzazione dei servizi sociali e l’aiuto dell’associazione di cui facciamo parte, PONTIRETI onlus, proporgli di sistemarsi a casa nostra, per accompagnarlo a trovare una propria autonomia affettiva, economica e di vita. A quel tempo, quando lo abbiamo accolto per lo stato italiano era una presenza illegale: minore straniero, con una denuncia di fuga, con la sola registrazione all’atto di nascita e senza che nessuno mai si fosse preoccupato di fornirgli una documentazione legale!
Come coppia fremevamo ad accogliere un ragazzo in casa per donare e riversare in lui l’entusiasmante esperienza della spiritualità salesiana che sin da giovani avevamo ricevuto.
Da allora Roberto è ancora con noi nella nostra casa, ha conseguito un diploma di scuola superiore e, contrariamente a quanto predetto dai servi sociali, perfettamente integrato negli affetti e nel tessuto sociale della città.

«I progetti di Dio non coincidono mai con i progetti degli uomini»: Papà e Mamma
Nel frattempo la pratica di adozione non era rimasta sepolta andando avanti fino al colloquio finale, con il giudice onorario. Come immaginavamo, nel colloquio ci era stato chiaramente detto che, avendo Roberto a casa, un caso già difficile e complicato, difficilmente ci sarebbe stata la possibilità che il Tribunale andasse a sconvolgere ulteriormente la nostra famiglia e l’equilibrio precario appena instaurato affidandoci un altro minore in difficoltà.

Uscendo dall’udienza eravamo ancora più convinti che la nostra missione era diventata il dedicarci incondizionatamente a Roberto.
Chiamando il nostro direttore spirituale le sue parole, impresse nella nostra memoria, furono: «i progetti di Dio non coincidono mai con i progetti degli uomini».

Ed infatti, dopo appena una settimana, il Tribunale ci chiamò per una proposta di abbinamento! Così l’8 giugno del 2012, giorno del nostro decimo anniversario di nozze, nella nostra casa è arrivato Angelo, di nome e di fatto, di 12 anni.

Anche questo “avvento” non è stato un “parto” indolore, diverse persone e specialisti con i quali ci siamo confrontati prima di procedere alla conoscenza di Angelo, ci avevano fortemente sconsigliato di accettare l’abbinamento, ma nel nostro cuore di salesiani cooperatori risuonava ben più forte la frase del salesiano Don Attilio Strà: «se non ci pensiamo noi salesiani a questi ragazzi, chi lo fà?». Nonostante i nostri limiti, le insicurezze e le contingenti difficoltà economiche, dalla nostra parte avevamo la consapevolezza e la certezza che se Angelo fosse un dono del Signore, dovevamo contare sul Suo infallibile aiuto ed accoglierlo senza riserve nella nostra casa!
E così, da un anno e mezzo, Angelo vive con noi, perfettamente integrato nella scuola, nelle amicizie, in tutte le attività e, proprio nei prossimi giorni, dovrebbe entrar a far parte, anche ufficialmente, della nostra famiglia! Quella realtà dove Dio ci ha indicato l’essere chiamati a vivere come Mamma e Papà.

Domanda per il Rettor Maggiore:

Come coniugi salesiani cooperatori, abbiamo sperimentato che la nostra Famiglia è stata chiamata a vivere la dimensione della Chiesa Domestica come Oratorio Domestico: accoglienza, apertura alla vita, educazione alla fede, incontro nell’amore. Ma così come il cortile dell’Oratorio, anche noi dobbiamo confrontarci con le sfide del quotidiano: il lavoro, le esigenze personali e reciproche, i litigi. Sfide che donano momenti di profonda gioia ma anche momenti di vero e profondo scoraggiamento, di tristezza e di senso di inutilità. Sfide che rischiano di erodere il tempo e le possibilità per curare la nostra direzione spirituale, la formazione e la spiritualità di Sposi. Ci rendiamo infatti conto che senza di questo diventa difficile far maturare la nostra fede ed amare incondizionatamente e gratuitamente come facevano don Bosco e Mamma Margherita. Senza di questo è sempre più difficile, nonostante tutto l’amore che portiamo nel cuore, far vivere a questi ragazzi, feriti nel corpo e nell’anima da adulti incapaci di amare, la consapevolezza di essere amati da noi ma ancor di più dal Padre celeste.
Come si può concretamente curare l’equilibrio e l’armonia delle varie dimensioni formative, come sposi, come genitori, come salesiani cooperatori, come educatori, in una società che sempre più emargina la dimensione del trascendente, dimensione di vera maturazione umana?